CRISTO E LA SAMARITANA, BENEDETTO MUSSO
Su una parete della Parrocchiale, due grandi tele a soggetto evangelico (Cristo e l’adultera e La Samaritana al pozzo) impongono un severo confronto tra Giuseppe Musso ed il figlio Benedetto (1835 - 1883). Quest’ultimo non poté avere, data la giovanissima età, alcun ruolo nella realizzazione del “Sepolcro Istoriato”, il grande cartelame di cui il padre aveva voluto dotare la parrocchiale; ma dal padre, nonché dal nonno Giovanni Battista, entrambi artisti dilettanti, ereditava la passione della pittura per svilupparla con esiti d’altissimo livello.
Cristo e la Samaritana, particolare. Foto Giovanni Hänninen
Benedetto Musso, Cristo e la Samaritana (1864), già nella cappella di palazzo Musso, oggi nella chiesa parrocchiale di San Matteo. Foto Giovanni Hänninen
Già nei soggetti devozionali dipinti in anni giovanili, o nella stessa sagoma dell’Immacolata Concezione (un altro cartelame patrimonio della Parrocchia), Benedetto mostra di sapersi svincolare dal linguaggio un po’ naïf del padre. In seguito, abbandonerà anche l’insegnamento “corretto” e tradizionalista del suo successivo maestro, l’accademico Giuseppe Isola, per quell’adesione a una temperie realista che lo porterà a condividere le tendenze del cosiddetto gruppo dei Grigi (Ernesto Rayper, Alfredo D’Andrade, Serafino De Avendaño).
La Samaritana al pozzo dipinta, en pendant con la tela del padre, per la cappella privata dei Musso (e successivamente donata alla parrocchiale da un nipote di Giuseppe) riprende l’identico soggetto che, presentato nel 1864 da Benedetto alla mostra annuale della Società promotrice genovese, aveva suscitato aspre polemiche per il fatto di tradurre un tema nobile ed elevato in quella chiave realista che si sarebbe voluta riservare a una semplice produzione di vedute e paesaggi. Il confronto con il fare diligente e lievemente impacciato del padre sembra mettere in maggior risalto la fattura rapida (“a macchia”) adottata da Benedetto nella ricerca di un’antiaccademica ripresa dal vero.
La Samaritana al pozzo dipinta, en pendant con la tela del padre, per la cappella privata dei Musso (e successivamente donata alla parrocchiale da un nipote di Giuseppe) riprende l’identico soggetto che, presentato nel 1864 da Benedetto alla mostra annuale della Società promotrice genovese, aveva suscitato aspre polemiche per il fatto di tradurre un tema nobile ed elevato in quella chiave realista che si sarebbe voluta riservare a una semplice produzione di vedute e paesaggi. Il confronto con il fare diligente e lievemente impacciato del padre sembra mettere in maggior risalto la fattura rapida (“a macchia”) adottata da Benedetto nella ricerca di un’antiaccademica ripresa dal vero.