Chiesa di San Matteo
La chiesa di Laigueglia intitolata a San Matteo dipendeva dalla giurisdizione della pieve di San Giovanni Battista ad Andora, e venne elevata solo nel 1531 al titolo di parrocchia da papa Clemente VII.
Il Sacro e vago Giardinello, un manoscritto risalente al primo Seicento conservato nell’Archivio Diocesano di Albenga, descrive quell’edificio (che definisce “alla moderna, di dorica composizione”) come un’aula orientata in senso parallelo al borgo e al litorale: a tre navate, sorrette da colonne in pietra nera.
Piazza San Matteo, 1
Il coro era disposto a levante e sul portale, perduto, si leggeva un tempo la data 1616. Un impianto, in realtà, abbastanza arcaico, condiviso da altre parrocchiali seicentesce della zona (a Sarola come a Pompeiana, a Borghtetto Santo Spirito, a Ceriale). Il campanile a guglia e pinnacoli angolari documentato dalla più antica veduta del borgo (Francisco de Hollanda, 1538), e da una tela più tarda conservata nel vicino oratorio della Maddalena, allude invece a una fase più antica, quattrocentesca, dell’edificio.
L’altare del Rosario. Foto Giovanni Hänninen
La progettazione di un’ulteriore e più aggiornata struttura si attribuisce ad Antonio Maria Ricca, raffinato esponenti del Barocchetto ligure, attivo soprattutto a Genova ma originario di Lavina di Rezzo. Il nuovo organismo architettonico, edificato tra il 1715 e il 1723, riprendeva l’orientamento del precedente con una grande aula pseudo-ovale, ad ottagono allungato con cappelle aperte nei muri perimetrali, e con l’accesso a levante. Un organismo che in pianta poteva trovare qualche consonanza con la distrutta chiesa, genovese e seicentesca, di Nostra Signora del Rimedio; e che prevedeva l’intelligente riutilizzo di altari dell’edificio più antico.
Ma la comunità laiguegliese avrebbe in breve puntato su qualcosa di più imponente, emblematico della prosperità raggiunta con la pesca del corallo e l’attività delle agenzie armatoriali: un edificio che, come il San Giovanni Battista di Cervo, completato nel 1736, avesse un aspetto realmente “dominante” sul borgo.
Presbiterio, particolare. Foto Giovanni Hänninen
Scenografico interno della chiesa parrocchiale di San Matteo verso l’altar maggiore. Foto Giovanni Hänninen
La chiesa eretta da non molti anni si sarebbe così trasformata nel braccio trasversale di una costruzione ben più monumentale, a pianta cruciforme, con un ampio atrio e un importante presbiterio sull’asse principale, la facciata rivolta verso il mare e affiancata da due alti campanili, disposti in diagonale. Affidato a un architetto originario della Svizzera italiana, Giovan Domenico Baguti, il nuovo progetto venne portato a termine tra il 1754 e il 1781 con un risultato che, più che al grazioso Barocchetto ligure, sembra rifarsi agli esemplari più noti di un maestoso Rococò di stampo austriaco o boemo: a confronto della chiesa laiguagliese è stata addirittura evocata, a Praga, la chiesa di San Giovanni della Roccia (1729-39), di Kilian Ignaz Dientzenhofer.
Un raffinato esempio di pagliotto marmoreo nella Parrocchiale. Foto Giovanni Hänninen
All’interno, il decoro rocaille a stucchi fiorisce sulle pareti ritmate da lesene e s’infittisce, con un effetto imprevisto e tanto più sorprendente, sulla volta del presbiterio.
Nel prospetto di facciata, i sobri stucchi di gusto neoclassico affidati nel 1846 ad Andrea Adami da Giuseppe Musso, artefice del grande apparato effimero noto come “Sepolco Istoriato” (che nel frattempo, per la cronaca, era divenuto sindaco di Laigueglia) si sovrappongono con discrezione agli articolati volumi settecenteschi.
Consacrata nel 1807, la nuova parrocchiale si era potuta nel frattempo dotare di raffinati arredi marmorei provenienti dalla chiesa genovese di San Domenico, chiusa al culto nel 1798, e di importanti dipinti provenienti da quello, come da altri edifici sacri di quella città: tra gli altri, un’Assunta di Bernardo Strozzi e una Pentecoste di Castellino Castello.