Il San Matteo Argenteo e l’angelo

Il San Matteo Argenteo e l’angelo

IL SAN MATTEO ARGENTEO E L’ANGELO


Alla fine del Seicento una delle più prestigiose dinastie laiguegliesi, quella dei Musso, avviava la costruzione di una nuova, aggiornata dimora famigliare nell’attuale via Preve, a breve distanza dalla chiesa di San Matteo. All’inizio del secolo successivo, Gian Domenico Musso commissionava a un ignoto argentiere la statua argentea del Titolare, ottenendo dal vescovo di Albenga, Giorgio Spinola, di conservarla nella propria abitazione per ‘prestarla’ alla parrocchiale ogni anno, nella ricorrenza della festa patronale.
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San Matteo e l’angelo. Foto Giovanni Hänninen
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San Matteo e l’angelo, il gruppo fu commissionato da Gian Domenico Musso per essere “prestato” alla parrocchiale nella ricorrenza della festa patronale, particolare. Foto Giovanni Hänninen
Sulle lamine d’argento che, fissate con chiodi su una sorta di manichino ligneo, compongono il panneggio dell’Evangelista ricorre il punzone genovese della Torretta, accompagnato dal datario 1708. Sul piedistallo è invece inciso a chiare lettere il nome del donatore (“Gio Dominico Musso q[uon]dam Gio Battista”). A qualche anno di distanza, all’immagine del Santo si sarebbe aggiunta, sempre a spese del Musso – collegandola alla schiena di san Matteo con una robusta staffa metallica –, quella dell’Angelo, suo riconoscibile attributo; e su questa figura, interamente realizzata a fusione come a suo tempo lo erano state la testa e la mano destra dell’Evangelista, troviamo ancora impresso il punzone Torretta, con la data 1713. Più compassato, e concepito per una visione essenzialmente frontale, il san Matteo; spiccatamente barocco, e non lontano dalle realizzazioni di Anton Maria Maragliano, l’Angelo.
È probabile che il gruppo fosse stato inizialmente concepito per una semplice esposizione in chiesa, e che solo in secondo tempo venisse montato su una ‘cassa’ con una precisa funzione processionale.
La sua particolare condizione giuridica consentiva alla famiglia Musso di preservarlo dalla requisizione delle argenterie ecclasiastiche disposta, nel 1798, dalla Repubblica Ligure. Durante il secondo conflitto mondiale veniva prudenzialmente eclissato nella sentina di un frantoio contiguo a palazzo Musso.

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